Presentazione di “io non sono come voi” – mercoledì 9 giugno

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2-12 giugno – Giornate di mobilitazione

In solidarietà con chi lotta, con chi si è rivoltato nelle carceri nel marzo 2020, con compagni e compagne sotto processo, contro l’accusa di strage!

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Vivere e morire nel carcere di Uta

Vivere e morire nel carcere di Uta: La testimonianza di un prigioniero

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In soliderietà alle imputate/i per il corteo al Brennero

Un approfondimento: Le navi-quarantena e lo sviluppo di un nuovo dispositivo detentivo

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Altro che malasanità, questa è vendetta!

Mattia è uno dei cinque detenuti che hanno sottoscritto l’esposto per i fatti di Modena del Marzo 2020, i pestaggi dopo la rivolta e la morte in cella di Salvatore Piscitelli, avvenuta nel carcere di Ascoli Piceno.

Già circa un anno fa fu valutato in Pronto Soccorso ad Ascoli Piceno mentre si trovava in quel carcere (prima che uscisse l’esposto), ed in tale occasione gli fu indicata la necessità di programmare un intervento chirurgico per un grave problema di salute, destinato a peggiorare se trascurato.

Attualmente Mattia si trova recluso nel carcere di Montacuto (Ancona). È passato oltre un anno e ancora l’intervento suggerito non è stato effettuato. Nelle ultime settimane la sua situazione di salute si è ulteriormente aggravata ed è stato trasferito ben due volte in Pronto Soccorso. Qui i medici hanno nuovamente programmato un intervento e prescritto la somministrazione di un antibiotico che tuttavia, al rientro in carcere, non gli è stato dato per svariati giorni. Nonostante i ricoveri in Pronto Soccorso il medico del carcere sostiene che le condizioni di salute di Mattia siano buone e che possa effettuare una nuova visita fra 6 mesi.

Nel frattempo, nonostante sia stata disposta l’autorizzazione per l’ingresso di un medico di fiducia da circa un mese, non viene comunicata una data per effettuare la visita.

Come leggere tutto ciò?

Partiamo da una considerazione certamente non originale: la sanità in carcere è pessima di prassi. L’eccezione non è la malasanità, ma trovare un medico non connivente con le guardie.

L’abbiamo visto e continuiamo a vederlo, basti ripensare alle rivolte di un anno fa con cui i detenuti hanno chiesto a gran voce la tutela della propria salute, concetto incompatibile con quello di reclusione. Basti guardare oggi, dopo oltre un anno, quanto la pandemia attraversi ancora quelle mura e continui a diffondersi, senza che vengano adottate misure dignitose per frenare tutto questo. Basti ascoltare cosa ci dicono detenuti e detenute a cui il vaccino anti-COVID viene presentato più come una costrizione che come una scelta: se non ti vaccini ti mettiamo in isolamento, ti blocchiamo ogni attività, ti impediamo ogni visita medica.

Ma torniamo un istante alla situazione di Mattia.

Sono ripetute le vessazioni destinate a lui e agli altri detenuti che hanno sottoscritto l’ormai noto esposto; tra pacchi e corrispondenza rifiutati o trattenuti, posta sottoposta a censura, soldi spediti dai familiari che non vengono recapitati, rifiuti di protocollare richieste interne, e l’onnipresente ricatto sul corpo e sulla salute.

La macchina statale, dopo le brutalità e gli omicidi di massa commessi nelle carceri un anno fa, ha apertamente deciso di non invertire la rotta e di dare chiari segnali a tutti/e coloro che non stanno zitti di fronte ai quotidiani soprusi di carcerieri e personale sanitario.

Il pugno duro messo in campo in decine di galere nel marzo 2020 è una prassi tuttora rivendicata dallo Stato. E chi alza la voce per denunciare la violenza delle guardie e la connivenza dei medici deve essere messo a tacere. Hanno provato a vessare i 5 detenuti autori dell’esposto con trasferimenti, con continue minacce e ripetuti interrogatori. Nulla di tutto ciò, ad oggi, ha avuto l’effetto desiderato. Ora rincarano la dose facendo aggravare volontariamente la situazione di salute di uno di loro. Vogliono la vendetta. Questo stanno dicendo a Mattia trascurando la sua salute, questo stanno dicendo a tutte/i noi.

Sempre solidali e complici con chi non chiude gli occhi e non abbassa la testa di fronte agli aguzzini di Stato! Facciamo sentire tutta la nostra solidarietà e rabbia.

 

Per scrivere a Mattia, Claudio, Cavazza e Francesco

Belmonte Cavazza_, C.C. Piacenza, Strada delle Novate 65, 29122 Piacenza.

Claudio Cipriani,_ C.C. Parma, Strada Burla 57, 43122 Parma

Francesco D’Angelo,_C.C. Ferrara, Via Arginone 327 44122 Ferrara

Mattia Palloni, _C.C. Ancona Montacuto, Via Montecavallo 73, 60100 Ancona

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Sotto la Dozza – Domenica 18 aprile

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Presidio solidale con Paolo – Lunedì 12 aprile

RIVOLTARSI, CHE ALTRO FARE?!

Lo Stato chiede il conto. Chiede conto delle rivolte di marzo 2020, così come di quelle, di dimensioni più ridotte e di cui solo la cronaca locale ci parla, che hanno continuato a scoppiare da un anno fra carceri e centri per immigrati.

Chi alza la testa va condannato in modo esemplare, perché le colpe di un sistema di internamento e reclusione vanno fatte scontare a chi vi si ribella, non certo a chi ha eretto questo abominio. Ma la diffusione incontrollata del coronavirus è solo la goccia che fa tracimare un vaso pieno da anni.

Sovraffollamento. Tanto se ne parla che lo si da per scontato. Tuttavia passare 20 ore al giorno in una stanza con altre 5-7 persone non è scontato affatto. Privare della libertà e segregare le persone in simili luoghi è una tortura e già di per sé giustificherebbe qualsiasi rivolta.

Igiene. Nelle carceri italiane, compresa la Dozza, oltre al coronavirus, girano liberamente, arginate alla meglio epatiti, scabbia, tubercolosi. Il problema delle infettive in carcere precede da un pezzo la pandemia da coronavirus. A ciò si aggiunga la mancanza di docce ed acqua calda.

Non sarà quindi il vaccino a risolvere la situazione. Il vaccino è una soluzione tecnica, non certo un sinonimo di salute. L’ennesima pezza che permetterà di tornare alla vecchia e malata normalità di prima. Fino alla prossima epidemia.

Medici. In carcere lavorano medici ASL dell’Unità Operativa di Medicina Penitenziaria, Dipartimento Cure Primarie, loro responsabile è Raffaella Campalastri. Sono quelli che nel febbraio 2020 prescrivevano al personale della Dozza di non indossare mascherine per non allertare detenuti e detenute (altra soluzione tecnica!). I detenuti denunciano una loro assenza dalle sezioni, la pressoché impossibilità ad accedere a visite specialistiche, lo smarrimento di cartelle cliniche, l’inadeguata presa in cura di malati cronici o disabili.

Quel che non manca sono invece le tanto usate tachipirine, farmaco buono-per-tutto, dal mal di schiena all’infarto. Ma soprattutto non mancano gli psicofarmaci, diffusi per addormentare le rabbie e le ansie dell’invivibile mondo carcerario. E poi ci si chiede perché qualcuno si sia diretto alle infermerie appena scattata la rivolta? Chi è il primo ad alimentare la dipendenza da sostanze là dentro? Chi prescrive terapie si faccia due domande sul sistema malato che sta assecondando.

Cibo. Ogni giorno pasta, pane e riso. Un sistema immunitario allerta non è proprio a portata dentro il carcere. La dieta ripetitiva si interrompe solo per chi ha i soldi da spendere nel maggiorato listino della spesa interna, oppure per chi riceve spedizioni dai familiari, se li ha.

Guardie. Le guardie picchiano e ormai lo sa chiunque. Non solo però. Creano divisioni all’interno delle sezioni, alimentano regionalismi e spiriti di fazione per meglio stroncare la solidarietà fra detenuti e detenute. Minacciano e denunciano chi non sta a cuccia. E se ciò non funzionasse… volto coperto e stanze senza telecamere. Tanto i medici non refertano, né si faranno sentire.

E allora perché stupirsi delle rivolte di marzo 2020 e di quelle che si susseguono da allora? Voi non avreste fatto lo stesso nella loro situazione? Ma soprattutto dalla loro rabbia e dignità non abbiamo anche noi qua fuori qualcosa da imparare?

Siamo con chi lo Stato mette alla sbarra per non aver abbassato la testa, aver risposto alle angherie delle guardie, alle negligenze dei medici, al disinteresse delle amministrazioni penitenziarie.

Siamo dalla parte di chi si rivolta.

Solidali con tutti e tutte coloro che per non aver abbassato la testa in carcere e nei centri per immigrati si trovano sotto processo.

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La vostra gabbia, la nostra rabbia. Solidali con Paolo!

Dopo il marzo 2020 se la situazione nelle carceri non è migliorata, nemmeno il fermento e la rabbia sono cessati. Episodi in cui singoli o gruppi di detenuti e detenute alzano la testa e prendono coraggio contro i loro aguzzini si sono susseguiti numerosi in quest’anno. Fra questi c’è Paolo.

Paolo è un compagno sardo che vive e lotta a Cagliari da molti anni, il 31 ottobre 2017 è stato arrestato immediatamente dopo aver rapinato un ufficio postale insieme a due altri complici. In secondo grado è stato condannato a 5 anni di reclusione. In qesti primi tre anni e mezzo di carcerazione a Uta non è riuscito a godere nenache una volta del beneficio dei 45 giorni di sconto di pena previsti per ogni sei mesi senza rapporti. La sua instancabile tenacia a non voltare lo sguardo di fronte ai soprusi delle guardie oltre ai rapporti gli è costata anche la denuncia per cui il 12 aprile verrà portato a giudizio.
Pochi giorni fa il direttore del carcere ha sottoposto la sua corrispondenza a censura perché “corrisponde con anarchici e organizzatori di presidi al carcere”.

Non abbiamo intenzione di lasciarlo solo. Storie simili alla sua nelle galere sono il quotidiano. Se qualcuno, un compagno questa volta, ha deciso di non lasciar correre e lottare avrà allora tutto il nostro sostegno. Alzare la testa contro l’abominio carcerario è un atto di coraggio. Sostenere questo coraggio è il minimo che chi sta fuori può fare per riconoscerlo.

Paolo libero!

Solidali contro il carcere

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Strage di Stato nelle carceri – 6 marzo (Modena), 8 marzo (Roma)

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Iniziative contro il carcere

FEBBRAIO 2020: NELLE CARCERI ITALIANE PER PREVENIRE IL CONTAGIO
DA CORONAVIRUS:
– SOSPESI I COLLOQUI
– SOSPESE LE SPEDIZIONI DI PACCHI INVIATI DAI FAMILIARI
– VIETATO L’ACCESSO DI VOLONTARI
– SOSPESE TUTTE LE ATTIVITÀ CULTURALI E SPORTIVE
– SOSPESA LA SEMILIBERTÀ, IL LAVORO ESTERNO, I PERMESSI PREMIO
– SI PUÒ TELEFONARE ALLE FAMIGLIE 10 MINUTI A SETTIMANA, MA PAGANDO
– RIDOTTA, A VOLTE SOSPESA, L’ORA D’ARIA
IL PERSONALE DELLA PENITENZIARIA PERÒ PUÒ CONTINUARE A ENTRARE E USCIRE NORMALMENTE

MARZO 2020: NELLE CARCERI ITALIANE HANNO LUOGO PIÙ DI 30 RIVOLTE.

14 MORTI , NELLE CARCERI DI MODENA, BOLOGNA, PARMA, RIETI,
ALESSANDRIA, VERONA, ASCOLI, ATTRIBUITE ALL’OVERDOSE DI
FARMACI SOTTRATTI DURANTE GLI ASSALTI ALLE INFERMERIE, MA…

– 4 DI QUESTE MORTI AVVENGONO DOPO LE RIVOLTE, DURANTE I
TRASFERIMENTI IN ALTRE CITTÀ. I MEDICI AVEVANO ASSICURATO
L’IDONEITÀ DI COSTORO AL VIAGGIO, OPPURE AGITO CON NEGLIGENZA
– TANTE LE TESTIMONIANZE SU PESTAGGI E UMILIAZIONI
DURANTE I TRASFERIMENTI E IN SEGUITO ALLE RIVOLTE PER
MANO DELLA PENITENZIARIA, COME I 57 AGENTI ACCUSATI DI
PESTAGGI E TORTURE NEL CARCERE DI SANTA MARIA CAPUA A VETERE
– TESTIMONIANZE SULL’IRRUZIONE DI PENITENZIARIA E CARABINIERI
NELLE CARCERI: SPARI E MANGANELLATE SELVAGGE SUI RIVOLTOSI,
ALCUNI PROBABILMENTE IN STATO DI SEMINCOSCIENZA

IL DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA È
L’ORGANO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DA CUI DIPENDE LA
POLIZIA PENITENZIARIA, IL RESPONSABILE TECNICO DI OMICIDI,
PESTAGGI, UMILIAZIONI E NEGLIGENZE DI QUEI GIORNI.

FERMIAMOCI UN MOMENTO PER NON FAR SCIVOLARE VIA QUESTA
STRAGE DI STATO.
SOLIDALI CON DETENUTI/E CHE NON ABBASSANO LA TESTA,
VICINI A CHI, IN QUEI GIORNI, SI È RIVOLTATO/A.

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