Nel tardo pomeriggio di venerdì 3 febbraio, a Bologna si è svolto un presidio sotto la sede del Provveditorato Regionale dell’amministrazione Penitenziaria, con battiture, interventi e striscioni in solidarietà con Alfredo, contro ergastolo ostativoe 41bis. Circondati da una marea di sbirri e giornalisti, un centinaio di compagne/i si è poi spostato lungo via del Pratello dove è stata fatta una grande scritta “No 41bis. Come l’Iran e l’Egitto anche l’Italia tortura e condanna a morte”.
Il corteo si è concluso sotto il carcere minorile dove a dicembre ci sono state ripetute rivolte.
Al fianco di Alfredo continuiamo a stare in strada!
Di seguito uno dei volantini distribuiti: volantino
Da una cella di 41 bis un anarchico fa tremare uno Stato
Alfredo Cospito, insieme ad altri 749 detenutx, è sepolto nelle segrete del regime di 41bis. E proprio dal luogo più nascosto in cui si consuma la vendetta dello Stato nei confronti dei suoi più acerrimi nemici, ha iniziato la sua lotta: dal 20 ottobre 2022 ha intrapreso uno sciopero della fame ad oltranza contro il regime di 41 bis e l’ergastolo ostativo, ossia il regime di carcere duro e la detenzione carceraria a vita senza possibilità di accesso a pene alternative.
Questi due istituti carcerari sono l’espressione più limpida e lineare di ciò che è lo Stato: il potere retto sulla violenza istituzionalizzata e sulla vendetta.
Il regime del 41bis è formalmente nato per impedire ogni forma di comunicazione tra i boss mafiosi e il loro entourage esterno. In seguito alle stragi di Capaci e Via d’Amelio viene assunto dallo Stato come cavallo di battaglia per la lotta alla mafia. Ma negli anni l’applicazione di questo regime viene estesa, arrivando oggi a comprendere 750 detenuti, 2/3 dei quali non sono nemmeno condannati in via definitiva. Significa che, fino a prova contraria, in sede di tribunale la loro colpevolezza o innocenza non è stata stabilita. Inoltre, va ricordato che il 41bis, seppur sbandierato come vessillo dell’antimafia, affonda le sue origini nell’articolo 90 che, alla luce della stagione di evasioni, proteste e rivolte interne alle carceri a cavallo tra gli anni 70 e 80 (che avevano determinato una saldatura tra detenuti politici e ribelli) aveva stabilito la facoltà da parte del Ministero di Giustizia di sospendere i normali trattamenti penitenziari, in favore di trattamenti speciali caratterizzati dall’isolamento, dall’impossibilità di ricevere pacchi dall’esterno, dalla censura, da fortissime restrizioni nei colloqui. Insomma, tutte le disposizioni poi normalizzate e rese regime con l’Art. 41 bis.
Alfredo è il primo anarchico in 41 bis, e sappiamo che è lì non per i reati a lui contestati, ma per la pericolosità delle sue idee e dei suoi legami con anarchiche e anarchici che continuano a lottare fuori dal carcere. Viene punita, isolata e condannata a morte la sua identità di anarchico, non un fatto specifico a lui contestato.
La lotta di Alfredo ha scatenato quindi, anche nei più “sinceri democratici”, una presa di coscienza di questa realtà, agitando gli animi di certi politici che hanno valutato che non fosse possibile che lo Stato passasse alla storia, nel 2023, come boia vendicatore. Strillano dunque da una certa sinistra “la vita di Alfredo Cospito va tutelata! Il 41 bis rivisto nella sua applicazione!” Che questi signori, seduti in comode poltrone e con lauti stipendi, facciano i conti con le loro coscienze.
Andiamo oltre: in questi mesi la solidarietà con la lotta di Alfredo, si è espressa senza peli sulla lingua e senza mezzi termini, nelle strade e nelle piazze, di giorno e di notte, in ogni angolo della penisola e del globo. La spaccatura aperta dall’interno del regime di 41 bis da Alfredo è stata allargata e puntellata attraverso pratiche di solidarietà irrecuperabili, perché attive e concrete.
I media, in questi giorni, si stanno abbandonando alle peggiori analisi, incolpando chi ha portato solidarietà attiva di essere il responsabile della linea dura del governo Meloni nei confronti del regime 41 bis ad Alfredo Cospito e, in secondo luogo, alludendo ad una sinergia tra anarchici e mafiosi in contrasto al regime del carcere duro (copione già sperimentato e miseramente naufragato in seguito alle rivolte nelle carceri nel marzo 2020). E la premier Meloni, il cui governo è stato messo all’angolo da un anarchico in 41 bis, si affretta a dire che il governo non tratterà con chi compie azioni violente. Ora, da che mondo e mondo, gli anarchici non trattano con lo Stato. Ne rifiutano le logiche di potere, di sfruttamento, di ingiustizia, di violenza e lo combattono. E non trattano nemmeno con la mafia, che del potere è l’altra faccia della medaglia. Semmai, e la storia di questo paese ne è la diretta testimone, è lo Stato che ha trattato e tratta con la mafia.
E questa non è un’illazione, è la realtà.
Non faremo nessun passo indietro nella lotta contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo e contro il carcere tutto. Non ci faremo spaventare dalle minacce di uno Stato che trema di fronte alla lucidità e determinazione di un anarchico sostenuto dalla sincera e attiva solidarietà dei suoi compagni, delle sue compagne e di un cerchio di solidarietà che si sta allargando sempre di più.
LO STATO È UNO SOLO. NOI SIAMO TANTE/I E IMPREVEDIBILI.
A FIANCO DI ALFREDO, A FIANCO DI CHI LOTTA.
Anarchici e anarchiche